mercoledì 18 marzo 2020

"Pro Sexto Roscio Amerino" - Marco Tullio Cicerone - orazione 80 a.C.

Periodizzazione: 80 a.C. > periodo sillano.

Marco Tullio Cicerone aveva appena 26 anni quando decise di intraprendere, ove altri non ebbero il coraggio di farlo, la sua prima arringa a favore di Sesto Roscio. Non con poche difficoltà vinse la causa, ma andiamo adesso a vedere la trama: 


Mentre rincasava da un banchetto durante una notte di settembre dell'81 a.C., Sesto Roscio (padre) fu ucciso a colpi di pugnale a Roma, nei pressi delle Terme Pallacine, vicine al Foro Flaminio. Subito dopo l'omicidio, i mandanti del misfatto, T. Roscio Magno e T. Roscio Capitone, chiesero l'aiuto del potente liberto di Silla, Lucio Cornelio Crisogono, per dividersi l'ingente patrimonio della vittima. Affinché questa spartizione risultasse legale e diretta era necessario che il nome di Sesto Roscio comparisse tra i nomi dei proscritti. I suoi beni, che constavano in tredici poderi dal valore di sei milioni di sesterzi, furono svenduti per soli duemila sesterzi a Crisogono, il quale concesse a uno dei suoi complici, Capitone, tre di quei poderi, e all'altro, Magno, l'amministrazione, in qualità di procurator, della restante parte. Il legittimo erede di quei beni, in realtà, era il figlio della vittima, Sesto Roscio anche lui, il quale grazie al sostegno dei potenti esponenti dell'aristocrazia romana, con cui il padre aveva stretto forti legami, possedeva la facoltà di opporsi a quel sopruso. Pertanto Magno, Capitone e Crisogono, per scongiurare questa eventualità, decisero di ingaggiare un sicario che trascinasse Roscio figlio in tribunale, con la falsa accusa di parricidio, dal momento che sarebbe stato rischioso macchiarsi le mani con un ulteriore omicidio. 
Trattandosi, dunque, di una causa delicata e rischiosa, poiché implicava il potere di Silla attraverso la presenza di Crisogono, suo liberto, nessuno ne voleva assumere la difesa. L'unico a farsi avanti fu il giovane oratore Cicerone, appena ventiseienne (quasi ventisettenne) e agli esordi della sua carriera. 
Egli portò a termine la causa con successo salvando Roscio dall'accusa e, grazie a questo discorso, ottenne un grande consenso da parte del partito democratico pur militando tra le file degli ottimati. Cicerone, attaccando Crisogono, non poteva sapere se Silla lo avrebbe appoggiato per salvaguardare l'integrità della sua fazione oppure lo avrebbe sacrificato per tenere a freno i nobiles, i quali non potevano accettare che gli interessi di un liberto fossero posti in primo piano rispetto ai loro. 
Tuttavia Cicerone ne uscì vincitore scagionando Roscio dall'accusa, anche grazie alle seguenti motivazioni: 
1) innanzitutto l'onestà della sua causa, da tutti riconosciuta;
2) Silla lasciò ai giudici e all'opinione pubblica la responsabilità della condanna del suo liberto, lavandosi, così, completamente le mani da ogni sorta di responsabilità.
Di conseguenza la giuria ebbe poco da pensare e ne risultò l'incontrastata vincita dell'arringa di Cicerone.

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