Marco Tullio Cicerone aveva appena 26 anni quando decise di intraprendere, ove altri non ebbero il coraggio di farlo, la sua prima arringa a favore di Sesto Roscio. Non con poche difficoltà vinse la causa, ma andiamo adesso a vedere la trama:
Mentre
rincasava da un banchetto durante una notte di settembre dell'81 a.C., Sesto
Roscio (padre) fu ucciso a colpi di pugnale a Roma, nei pressi delle Terme Pallacine,
vicine al Foro Flaminio. Subito dopo l'omicidio, i mandanti del misfatto, T.
Roscio Magno e T. Roscio Capitone, chiesero l'aiuto del potente liberto di
Silla, Lucio Cornelio Crisogono, per dividersi l'ingente patrimonio della
vittima. Affinché questa spartizione risultasse legale e diretta era necessario
che il nome di Sesto Roscio comparisse tra i nomi dei proscritti. I suoi beni,
che constavano in tredici poderi dal valore di sei milioni di sesterzi, furono
svenduti per soli duemila sesterzi a Crisogono, il quale concesse a uno dei
suoi complici, Capitone, tre di quei poderi, e all'altro, Magno, l'amministrazione,
in qualità di procurator, della restante parte. Il legittimo erede di quei
beni, in realtà, era il figlio della vittima, Sesto Roscio anche lui, il quale
grazie al sostegno dei potenti esponenti dell'aristocrazia romana, con cui il
padre aveva stretto forti legami, possedeva la facoltà di opporsi a quel
sopruso. Pertanto Magno, Capitone e Crisogono, per scongiurare questa
eventualità, decisero di ingaggiare un sicario che trascinasse Roscio figlio in
tribunale, con la falsa accusa di parricidio, dal momento che sarebbe stato
rischioso macchiarsi le mani con un ulteriore omicidio.
Trattandosi, dunque, di
una causa delicata e rischiosa, poiché implicava il potere di Silla attraverso
la presenza di Crisogono, suo liberto, nessuno ne voleva assumere la difesa.
L'unico a farsi avanti fu il giovane oratore Cicerone, appena ventiseienne (quasi ventisettenne) e
agli esordi della sua carriera.
Egli portò a termine la causa con successo
salvando Roscio dall'accusa e, grazie a questo discorso, ottenne un grande
consenso da parte del partito democratico pur militando tra le file degli
ottimati. Cicerone, attaccando Crisogono, non poteva sapere se Silla lo avrebbe
appoggiato per salvaguardare l'integrità della sua fazione oppure lo avrebbe
sacrificato per tenere a freno i nobiles, i quali non potevano accettare che
gli interessi di un liberto fossero posti in primo piano rispetto ai loro.
Tuttavia Cicerone ne uscì vincitore scagionando Roscio dall'accusa, anche
grazie alle seguenti motivazioni:
1) innanzitutto l'onestà della sua causa, da
tutti riconosciuta;
2) Silla lasciò ai giudici e
all'opinione pubblica la responsabilità della condanna del suo liberto,
lavandosi, così, completamente le mani da ogni sorta di responsabilità.
Di conseguenza la giuria ebbe poco da pensare e ne risultò l'incontrastata vincita dell'arringa di Cicerone.
Nessun commento:
Posta un commento