sabato 12 dicembre 2020

Publio Virgilio Marone - Cenni biografici



PUBLIO VIRGILIO MARONE


(Andes 70 a.C. - Brindisi 20 settembre 19 a.C.)



LA LEGGENDA SULLA NASCITA DI VIRGILIO:

Sua madre avrebbe sognato di partorire un ramo d’alloro. Il bimbo appena nato non pianse e la terra fece germogliare per lui dei fiori, mentre uno sciame di api vola sulle sua labbra come un tempo sul sacro Platone.

Un ramoscello di pioppo piantato dal padre crebbe più alto degli altri alberi.

Alcuni pensano che nell’ecloga IV narrando del fanciullo egli si riferisca alla sua stessa nascita (api; lunga vita per poetare; le radici bucoliche; ecc.).


BIOGRAFIA:

Publio Virgilio Marone nacque nel 70 a.C. ad Andes, un villaggio nei pressi di Mantova, sulla riva destra del fiume Mincio. Dal nome della famiglia si presuppone che sia di origine etrusca, ma il nome della madre Màgia o Maia fa pensare ad un’origine osca: il padre secondo la tradizione era un umile vasaio che sposò la figlia del padrone, arricchendosi anche con l’allevamento delle api. Le condizioni economiche favorevoli dei genitori gli permisero di intraprendere studi di grammatica e di retorica a Cremona, poi a Milano e infine a Roma. A Roma entrò in contatto con il circolo di Catullo e subì l’influenza della poesia neoterica e alessandrina; strinse amicizia con Cornelio Gallo (cui dedica la X Bucolica), entra in stretto rapporto con Mecenate (che diventa il suo protettore) e con Ottaviano.


Poesia neoterica e alessandrina → Scuola di Catullo, disprezzata da Cicerone, nata durante il regno di Cesare: poesia che prendeva distacco dalla poesia della Roma arcaica e rifiutava il mos maiorum (letteralmente «costume degli antenati», rappresenta il nucleo della morale tradizionale della civiltà romana. Per una società patriarcale come quella romana, le tradizioni sono il fondamento dell'etica: esse comprendono innanzitutto il senso civico, la pietas, il valore militare, l'austerità dei comportamenti e il rispetto delle leggi).

Così la poesia neoterica si basa su: (4)

  • Brevitas → Componimenti molto brevi: i poeti neoterici erano convinti che solamente un carme (dal lat. “carmen”, derivato dal paradigma verbale di căno, cănis, cecĭni, cantum, canĕre = «cantare») di piccole dimensioni potesse essere composto con la necessaria cura per farne un’opera veramente raffinata;

  • Labor limae → Componimenti molto ricercati e raffinati stilisticamente, “leggeri e disimpegnati” solamente nei contenuti, ma non nella forma poiché veniva impiegato il massimo impegno: questa tecnica consisteva in una continua e accurata revisione dei propri componimenti, con lo scopo di raggiungere l’estrema perfezione dal punto di vista stilistico e letterario;

  • Doctrina Conoscenza di tutto un patrimonio di conoscenze mitologiche, letterarie, geografiche, linguistiche del mondo greco: infatti i poeti neoterici saranno anche detti “docti”;

  • Individualismo → I poeti neoterici tendono ad astrarsi dalla vita politica e a concentrarsi su se stessi.


N.B.: OPERE PIÙ IMPORTANTI:

  • BUCOLICHE → 42 – 39 a.C.;

  • GEORGICHE → 36 – 29 a.C.;

  • ENEIDE → 26 – 19 a.C..


Forse in coincidenza con le guerre civili tra Cesare e Pompeo (49 a.C.) Virgilio abbandonò la vita politica e si ritirò a Napoli nel circolo dell’epicureo Sirone e alla sua morte ereditò la sua villa e il suo podere. Nei primi anni napoletani coltivò anche studi di medicina e soprattutto di matematica.

Era di corporatura grande, ma non godeva di ottima salute; di carattere timido e riservato. Secondo il costume greco ebbe relazioni con dei giovani non privi di educazione (un Alessandro e forse il bell’Alessi della II ecloga) e con donne del mondo letterato dell’epoca.



Tra il 42 e il 39 a.C. compose le “Bucoliche” (il termine deriva dal greco “Βουκολικά”, da “βουκόλος” = pastore, mandriano, bovaro; sono state definite anche “ἐκλογαί”, egloghe, ovvero "poesie scelte"), molto ammirate nella capitale anche se a Virgilio non piacque mai la vita della città, rimase sempre fedele alla sua campagna.

Una volta, secondo la testimonianza di Tacito, il popolo uditi i suoi versi in teatro lo acclamò tributandogli lo stesso onore che ad Augusto.

Quelli della composizione delle ‘Bucoliche’ furono anni travagliati per la sua vita privata:

  • a causa della morte del fratello Flacco (forse ecloga V);

  • gli erano state strappate le terre nel mantovano → espropriazioni per i veterani pompeiani (corse al suo paese e fu anche in pericolo di vita; riebbe i suoi poderi soltanto grazie all’amicizia di Asinio Pollione, Alfeno Varo e Cornelio Gallo);

  • tutto ciò in un clima ostile quali furono gli anni delle guerre civili, che si andò pian piano calmando grazie:

      - alla creazione del secondo triumvirato (Ottaviano, Marco Antonio e Lepido nel 43 a.C.);

      - alla vittoria dopo la battaglia di Filippi (42 a.C.);

      - accordo di Brindisi tra i tre triumviri (40 a.C.) → (ecloga VI).

    In quegli anni il poeta entrò in diretto contatto con Augusto, che lo ammirò affettuosamente fino alla morte ed entrò a far parte del “circolo di Mecenate” (circolo di poeti e letterati, capeggiato dallo stesso Mecenate, protettore delle arti (forse riferimento nell’ecloga V al “generoso protettore degli intellettuali”), il quale seppe orientare il consenso dei suoi letterati verso l’imperatore Augusto e il suo mondo ideologico di restaurazione politica e civile). Insieme al “circolo di Mecenate” viaggiò molto (Brindisi, Taranto, Grecia, Sicilia, Calabria).

    Tra il 36 e il 29 a.C. scrisse le “Georgiche” (dal greco “γεωργικός”, "abile contadino", o, più semplicemente, "agricoltura"), composte da 4 libri; si pensa che le abbia scritte nel suo “otium” a Napoli, in onore di Mecenate, e che quando Augusto tornò dall’Oriente dopo la battaglia di Azio (31 a.C.) e si fermò in Campania per una breve malattia, lì Virgilio ebbe l’onore di leggergli la sua opera.

    Properzio scrive che Virgilio cominciò a scrivere l’Eneide nel 26 a.C. e si pensa che l’opera fu commissionata da Augusto stesso per:

  • interpretare la funzione ideologica e religiosa della restaurazione augustea;

  • per giustificare il destino imperialista di Roma;

  • per dare alla nascita della città una storia mitica, come quella greca.

    Scritta in prosa, Virgilio lavorò all’Eneide fino alla sua morte, rielaborandola con un desiderio di perfezione. Nel 19 a.C. compì un viaggio in Grecia per ultimare il suo poema, volendo vedere con i suoi occhi i luoghi dove si era generato il mito, ma a Megara, in compagnia di Augusto si ammalò, prese una forte insolazione, e le sue condizioni si aggravarono durante la traversata verso Brindisi. Lì morì il 20 Settembre del 19 a.C.; il suo corpo fu trasportato a Napoli, la città del suo cuore e per suo volere fu sepolto sulla via di Pozzuoli. Sulla sua lapide fece incidere le sue parole in punto di morte:


Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenent nunc

Parthenope: cecini pascua, rura, duces

- Mantova mi ha generato, i Calabri (Puglia) mi hanno sottratto la vita,

adesso mi custodisce Napoli: ho cantato i pascoli, i campi, i comandanti -


Prima di partire per Brindisi, Virgilio chiese all’amico Varo di bruciare la sua opera, perché era incompleta e priva di labor limes; soltanto grazie ad Augusto che lo impedì oggi abbiamo la sua opera.


Lo straordinario uso della lingua è una caratteristica fondamentale della sua poesia. Lo straordinario uso dei toni umili, medi e alti, l’uso di una terminologia ah hoc in ogni contesto, ma ciò che affascina di più di questo immenso poeta è la capacità di narrare pensieri di notevole rilevanza con parole semplici, senza nascondersi dietro vani e vuoti fronzoli stilistici.


Fin dal I secolo d.C. diventò l’autore scolastico per eccellenza e sui suoi esempi si studiavano la grammatica e la metrica latina già in antichità.

Valerio Probo introdusse lo studio filologico delle sue opere tra il I – II sec. d.C. → tra il

IV – V sec. d.C. divenne un baluardo della cultura classica pagana che si opponeva all’incalzare della cultura cristiana emergente.

Anche molti cristiani, come sant’Agostino e san Prudenzio, interpretarono le sue opere forzandole nel loro originario significato per dare un’immagine del poeta come precursore della cristianità, non solo per le virtù di continenza, ma alcuni pensano che nell’ecloga IV il fanciullo nascente richiamerebbe una premonizione della nascita di Cristo.

Durante il Medioevo gli furono attribuiti i poteri di mago e le sue opere ebbero un’autorità come fonte di sapere paragonabile soltanto a quello della Bibbia.


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