venerdì 11 dicembre 2020

Incontri di fonemi vocalici e altri fenomeni prosodici

INCONTRI TRA FONEMI VOCALICI:


  • LA SINALEFE:

Quando una fine di parola vocalica o in “-m” precede immediatamente una parola iniziante a sua volta in vocale, sono possibili due soluzioni:

- la sillaba finale mantiene il suo valore metrico (iato);

- la sillaba finale viene metricamente soppressa (sinalefe).


N.B.: è raro avere sinalefe su un dittongo o vocale lunga.


Lo iato è in genere evitato; Cicerone infatti ci testimonia che l’incontro di due vocali non era gradito alle orecchie romane.

La soluzione è la stessa adottata dalla metrica italiana → sinalefe (spesso definita elisione).

La “h” iniziale non impedisce la sinalefe tra la vocale che la segue e la sillaba finale in vocale o in “-m” della parola precedente.


N.B.: La sinalefe può verificarsi anche all’interno di parole composte.


Nella poesia latina, le sinalefi sono molto meno in Lucano e Ovidio, rispetto a Lucrezio e Virgilio.


N.B.: La sinalefe è generalmente evitata in clausola.


  • LA PRODELISIONE:

La prodelisione (o aferesi) si verifica quando una finale vocalica (o in “m”) viene a trovarsi immediatamente prima di “es” o “est”. In questo caso è la “e” iniziale a essere soppressa.

A differenza della sinalefe, la soppressione non si limitava al fatto metrico, ma era effettiva anche nella pronuncia.


N.B.: nella poesia scenica arcaica la prodelisione è ammessa anche dopo una “s” preceduta da una vocale breve. Es.: laudatus est → ‘laudatust’.


  • LO IATO:

La mancata realizzazione della sinalefe comporta il verificarsi dello iato (ʰ).

Quest’ultimo non era gradito alle orecchie romane, ma ammesso in determinati casi.

Vi sono vari tipi di iato:

- iato metrico → si incontra alle incisioni di verso, di regola dopo una sillaba lunga. Questo tipo di iato dopo una sillaba breve è rarissimo;

- iato prosodico → è indipendente da condizioni metriche e interviene tra un monosillabo o un bisillabo e una parola ad esso strettamente legata dal punto di vista sintattico. Se il monosillabo o il bisillabo esce in vocale lunga, si registra anche l’abbreviamento di questa vocale. Esso rappresenta una specie di abbreviamento di vocale prima di vocale: la parola interessata, priva di accento proprio, si appoggia nella pronuncia alla parola che segue; ma in questo modo la vocale finale si viene a trovare in contatto immediato con la vocale che apre la parola successiva, con conseguente abbreviamento;

- iato di tipo greco → non ha base linguistica, essendo frutto di imitazione dell’uso greco. In questo caso si ha abbreviamento di una vocale lunga finale di parola posta in iato con la vocale che inizia la parola successiva. Questo tipo di iato si incontra soprattutto in versi con parole greche o di origine greca.


  • LA SINIZESI:

Due vocali a contatto nell’interno di una parola, se non formano dittongo, mantengono di regola il loro valore sillabico; ma è possibile che in alcuni casi si fondano in un’unica sillaba → sinizesi.


N.B.: la sinizesi non deve essere confusa con la semplice contrazione, che si ha quando due vocali di timbro uguale si fondono in una sola vocale lunga.


Nella poesia classica, la sinizesi è ammessa nei seguenti casi:

- nelle forme di “idem”, quando la vocale che segue la “e” inziale è lunga;

- negli aggettivi e nei sostantivi che escono in “eus – ea – eum”;

- in deorsum, seorsum, prout, quoad, ecc.;

- in alcune parole greche.

In casi particolari “e” e “i” possono fondersi in “ei”, come “deinde”.


ALTRI FENOMENI PROSODICI:


  • LA CONSONANTIZZAZIONE DI “I” E “U” IN POSIZIONE ANTEVOCALICA:

I grafemi “i” e “u”, in base al contesto, possono avere sia valore vocalico, sia consonantico.


  • LA DIERESI:

È la divisione del dittongo.


  • L’ALLUNGAMENTO METRICO:

Nella poesia dattilica classica, in determinati casi è possibile un “longum”, cioè un elemento di un verso che dovrebbe essere realizzato da una sillaba lunga, sia realizzato invece da una breve → allungamento metrico.


  • LA S CADUCA:

La “-s” finale, se preceduta da vocale breve, può non chiudere la sillaba cui appartiene, quindi cade. Questa licenza era usata molto nel periodo arcaico, soprattutto in Ennio. Si riduce notevolmente in epoca classica, già in Cicerone. L’ultima attestazione di essa si ha un’unica volta nel “Liber” di Catullo (ultimo verso del “Liber”).

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