mercoledì 31 marzo 2021

La Tragedia Greca: Eschilo - Sofocle - Euripide

 

LA TRAGEDIA GRECA 

 

La tragedia greca in origine nacque come una rappresentazione scenica dei sacrifici e delle preghiere legati al culto del dio Dioniso. Raggiunse la sua configurazione definitiva nel V secolo a.C. Essa era ripartita in cinque atti e prevedeva la presenza di un coro, ossia di un gruppo di attori-ballerini di sesso maschile, vestiti con preziosi costumi e muniti di maschere, che si esibivano in movimenti scenici e declamavano versi. In Grecia le tragedie erano presentate al pubblico durante vere e proprie gare tra tragediografi, in cui una giuria popolare attribuiva premi alle opere migliori. Durante tali competizioni pubbliche ogni autore presentava solitamente una trilogia (ossia tre tragedie tra loro collegate nell’argomento) e una satira, una parodia della trilogia, che venivano rappresentate nell’arco di un’intera giornata. Nell’antica società greca era infatti attribuita grande importanza al teatro, perché a esso si riconosceva una funzione educativa di primaria importanza, tendente ad esaltare nell’uomo i più alti valori individuali e civili. Basata su vicende capaci di suscitare un forte coinvolgimento emotivo fra gli spettatori, si riteneva che la tragedia favorisse la purificazione, catarsi, di coloro che vi assistevano, attraverso la sublimazione dei sentimenti di terrore, pietà, sacrificio e onore, trasmettendo così una profonda lezione di vita attraverso i fatti rappresentati. Per questa ragione ad Atene gli spettacoli teatrali erano finanziati dallo Stato e la partecipazione del pubblico era totalmente gratuita.

 

CARATTERISTICHE:

Attraverso una progressiva evoluzione nel tempo, la tragedia greca assunse i seguenti caratteri definitivi:

  • nell’azione drammatica erano coinvolti uomini e dèi;
  • i protagonisti appartenevano a un rango sociale elevato;
  • la vicenda rappresentata era nota a tutti, in quanto tratta dal patrimonio culturale comune;
  • venivano affrontati argomenti che mettevano in campo valori universali, comuni all’esperienza di ogni uomo e alla vita di ogni società, quali l’amore, l’odio, il rapporto fra bene e male, il contrasto fra pace e guerra, la necessità di obbedire al volere degli dèi e del destino;
  • una catastrofe ribaltava a un certo punto la vicenda inizialmente positiva e rassicurante, provocando rovina, morte e laceranti conflitti fra i personaggi;
  • il protagonista infrangeva un divieto divino e di conseguenza doveva espiare la propria colpa; tale infrazione costituiva quasi sempre la causa della catastrofe;
  • lo stile poetico era molto elevato, caratterizzato da un registro linguistico alto e dalla ricerca della perfezione formale.

 

I maggiori autori della tragedia greca:

I maggiori autori greci che si espressero in questo genere furono tre tragediografi:

 

·        Eschilo (525-456 a.C.) → TEATRO DIDASCALICO

Aristocratico di nascita, nel 490 a.C. combatté nella battaglia di Maratona; partecipò anche alla battaglia di Salamina nel 480 a.C. e quella di Platea nel 479 a.C. Attorno al 484 a.C. conseguì la prima vittoria teatrale. Nel 472 a.C. la vittoria ottenuta con la trilogia contenente i Persiani gli valse l’invito del tiranno Ierone di Siracusa. Nel 469 a.C. ritornò in patria. Ottenne l’ultima vittoria teatrale con l’Orestea a Gela, in Sicilia, dove morì nel 456 a.C. Sulla sua tomba egli fece scrivere un epigramma scritto da lui stesso, nel quale espresse il suo desiderio di essere ricordato più come combattente di Maratona che come drammaturgo.

 

Le opere sopravvissute:

Gli antichi attribuivano a Eschilo da 73 a 90 drammi. Sono sopravvissute intere solo sette tragedie: i Persiani, i Sette contro Tebe, le Supplici, Prometeo incatenato, e la trilogia dell’Orestea (Agamennone, Coefore, Eumenidi). Nelle opere superstiti, ad eccezione dei Persiani, unico dramma di Eschilo a trattare di un argomento contemporaneo, il mito diventa il punto di partenza per la discussione e la riflessione.

 

Innovazioni e caratteri del teatro di Eschilo:

Eschilo ha fissato la struttura della tragedia greca facendo alternare il dialogo con le parti liriche, che si inseriscono ormai nello svolgimento dell’azione. L’introduzione del secondo attore segna una svolta fondamentale. Infatti, mettendo in scena due personaggi a confronto, la stessa vicenda può essere vista da prospettive radicalmente opposte, aumentando così anche le potenzialità drammatiche dello spettacolo. Tutto questo era impossibile finché la tragedia consisteva nel dialogo tra il coro e un unico attore. Egli ha inoltre introdotto la trilogia, ossia la presentazione di tre tragedie legate dall’argomento trattato, come ad esempio nell’Orestea.

Propria di Eschilo è l’esigenza ideale della giustizia, che costituisce il nucleo etico di ogni suo dramma. Per lui l’errore degli uomini è di esigere troppo spesso più di quanto hanno diritto e di esercitare una vendetta superiore alla colpa che vogliono punire, così da attirare su se stessi una nuova vendetta divina. È questa una grande lezione morale che dalla scena il poeta dava ai suoi concittadini e che si risolveva in un appello alla suprema virtù della moderazione nella vita privata e, più ancora, in quella pubblica dopo le esaltanti vittorie sui Persiani.

 

Lingua e stile:

Il linguaggio di Eschilo è solenne, coerente con l’ambiente nel quale i suoi personaggi agiscono. Utilizza con grande maestria termini tecnici appartenenti ad esempio al linguaggio militare; ricorre a neologismi e al linguaggio lirico ed epico, che verrà celebrato e rimpianto in futuro da uomini come Aristofane nelle Nuvole.

 

 

·         Sofocle (496-406 a.C.) → TEATRO SPERIMENTALE

Sofocle nacque da famiglia molto agiata, ma non aristocratica. Vicino alle posizioni di Pericle sotto il profilo politico, cominciò la sua attività politica piuttosto tardi: a 54 anni divenne presidente del collegio degli Ellenotami e fu eletto più volte tra gli strateghi. Dopo la disfatta siciliana del 413 a.C. entrò a far parte del collegio dei probuli con l’incarico di trovare un accordo tra le fazioni politiche ateniesi, ma non trovandosi si diede vita alla dittatura dei Quattrocento. Dotato di un profondo senso religioso, era molto legato ad Atene, da cui non si allontanò mai e dove morì infatti nel 406 a.C. Dopo la morte gli venne tributato il culto eroico per aver accolto in casa sua il culto del dio Asclepio, durante il trasferimento del simulacro da Epidauro ad Atene.

 

LE OPERE SOPRAVVISSUTE:

A Sofocle vengono attribuiti dalla tradizione 123 drammi, di cui a sopravvivere sono state solo 7 tragedie intere: Aiace, Antigone, Trachinie, Elettra, Filottete, Edipo re, Edipo a Colono.

 

INNOVAZIONI E CARATTERI DEL TEATRO DI SOFOCLE:

Le tragedie di Sofocle sono contrassegnate da una forte religiosità al pari del suo predecessore Eschilo, sebbene in Sofocle la figura umana acquisti una maggior importanza a danno di quella oltreumana, che scompare progressivamente. Ciò deriva da quel processo di laicizzazione che si riscontra anche nella nascita della scienza medica con Ippocrate e della storiografia con Erodoto. Egli si colloca tra Eschilo ed Euripide. La sua posizione mediana si riflette in quell’equilibrio sempre sul punto di incrinarsi e che alla fine riesce a mantenersi stabile, pur nel doloroso travaglio di un continuo interrogare e interrogarsi.

Nel teatro di Eschilo vi è una coesistenza del vecchio e del nuovo: rimane la fiducia nei valori della tradizione, ma cominciano a comparire nei vari personaggi il coraggio del dubbio. Ne deriva un attento studio introspettivo dei personaggi da parte di Euripide, uno studio che riguarda tanto le figure maschili quanto quelle femminili. Nelle tragedie di Sofocle, infatti, si riscontra un certo numero di figure femminili pari a quelle maschili. Un elemento, quest’ultimo, difficile da riscontrare nel precedente teatro di Eschilo. Nella società ateniese, così attenta alla subordinazione della donna all’uomo, l’attenzione ai caratteri femminili potrebbe essere interpretata come l’inconscio desiderio maschile di offrire alla donna, almeno sulla scena, quel ruolo che le era negato nella vita sociale. Motivo per cui si attribuisce al teatro di Sofocle un certo sperimentalismo. Inoltre egli introdusse anche un terzo personaggio che si isolava dal gruppo del coro.

Le tragedie propongono i momenti noti del mito con un’attiva partecipazione del protagonista all’azione stessa. La capacità di autodeterminazione dell’individuo assume caratteri più definiti rispetto ai tempi di Omero. In Sofocle si trova un’accettazione dell’infelicità dell’uomo in quanto innata alla sua natura. Tale assioma è espresso senza disperazione, con serenità ed equilibrio, sebbene quei personaggi che raggiungono tale consapevolezza sono spesso costretti a gesti estremi, quali il suicidio. Una visione più interiorizzata e universale dell’uomo che vuole contrapporsi al relativismo culturale diffuso dalla Sofistica, che il governo di Pericle sembrava indirettamente favorire. L’uso spregiudicato del denaro della Lega attica da parte di Atene aveva portato un certo benessere tra i cittadini, sconosciuto in altre città greche. Era, perciò, indispensabile evitare la perdita dei valori propri dell’ideologia della polis. Ecco che il teatro di Sofocle contribuiva a ricordare al cittadino di essere semplicemente un uomo lontano dalla grandezza del dio, che rimane un dio e in quanto tale, lontano dalla piccolezza dell’uomo. Non è dunque l’uomo la misura di tutte le cose, come esordiva Protagora, ma il dio.

 

 

·         Euripide (485-406 a.C.) → TEATRO-VERITÀ

Euripide nacque ad Atene, forse nel demo di Flia, da padre possidente terriero e madre nobile. La tradizione colloca a sua nascita nel giorno della battaglia di Salamina (480 a.C.), per creare una linea di continuità tra gli altri due maggiori tragediografi greci. Sulle sue origini alcuni poeti comici scrissero che la madre era un’erbivendola, il padre un bottegaio e che egli morì dilaniato dai cani del re macedone Archelao, ma è del tutto probabile che queste siano mere invenzioni teatrali. Poco attratto dalla vita politica, fu molto vicino al movimento sofistico. Evitò le persecuzioni che costrinsero Protagora alla fuga e che portano al rogo l’opera di Anassagora, di cui una tradizione lo reputò discepolo. Trascorse gli ultimi anni di vita lontano da Atene per trasferirsi in Macedonia alla corte di Archelao, dove morì nel 406 a.C.

 

LE OPERE SOPRAVVISSUTE:

L’attività teatrale di Euripide occupa cinquant’anni, dato che iniziò nel 455 a.C. Secondo la tradizione egli avrebbe composto 22 o 23 tetralogie per un totale di 88 o 92 drammi, di cui, però, sono sopravvissuti solamente 18 tragedie, di cui una, il Reso, è ritenuta spuria. La maggior parte delle opere a noi giunte è di incerta datazione.

 

INNOVAZIONI E CARATTERI DEL TEATRO DI SOFOCLE:

Protagonista indiscusso del teatro di Euripide è l’uomo e il suo universo, un teatro decisamente antropocentrico, diretta conseguenza del clima che si instaurò ad Atene in quegli anni e che influenzò vari ambiti: la storiografia, la filosofia, la scienza medica, la politica. Espressione di questo teatro è l’agone verbale come il momento più atteso dal pubblico: il protagonista e un suo interlocutore affrontano un problema da due punti di vista opposti e non conciliabili, gareggiando per prevalere dialetticamente l’uno sull’altro con la forza delle argomentazioni, in nome di un relativismo per il quale non v’era nulla che non fosse oppugnabile, modificabile o addirittura irreversibile nel suo contrario. Un esercizio intellettuale sottile e raffinato che stimola il pubblico, composto per la maggior parte da quella fascia della popolazione che non può permettersi le lezioni di sofistica, le cui modalità sono ricordate dall’agone e dallo spirito che lo anima. L’incredibile innovazione fu proprio l’approfondimento sulla personalità dei personaggi, ormai trattati come individui dotati di un punto di vista soggettivo e di un carattere autonomo.

I personaggi e le trame di Euripide sono ancora quelli del mito, ci sono ancora gli eroi dei poemi omerici e di altre saghe, ma si rivelano uomini e donne del tempo in cui vive il poeta. E non si misurano con oracoli, demoni, costrizioni, leggi scritte o non scritte, ma affrontano situazioni ordinarie, concrete, determinate da sentimenti comuni ad ogni uomo, quale l’amore, l’odio, la brama di vendetta, la reputazione che si vuole avere presso gli altri. Euripide evita di creare caratteri fissi intorno ai quali organizzare la vicenda, ma procede al contrario, articolando l’azione e la reazione di un individuo in rapporto con la specifica situazione con cui questi si è venuto a trovare, senza i vincoli mentali dovuti alla già nota e dunque prevedibile conclusione della vicenda mitica.

La profonda conoscenza dell’animo umano da parte di Euripide e l’innata tendenza a frugare nelle pieghe più recondite di esso gli permettono di addentrarsi negli aspetti particolari e personali della nostra umanità, di portare alla luce palpiti, vibrazioni, segreti di cui ciascun individuo sarebbe gelosissimo, debolezze o passioni che nessuno vorrebbe confessare, paure e pudori da relegare nell’intimo. Il teatro di Euripide è, perciò, definito un teatro-verità, che sconfina nello sperimentalismo e sconcerta persino lo spettatore moderno, a cui il teatro di Euripide è piuttosto vicino. Presso i contemporanei Euripide non è particolarmente amato: le vittorie che la tradizione gli attribuisce sono solamente cinque, questo perché il teatro di Euripide manca di quel carattere didascalico, che è proprio del teatro greco. Motivo per cui Nietzsche afferma che è con Euripide che la tragedia muore definitivamente. Una condanna inflitta dalla sofistica e dalle assemblee dominate dai demagoghi, che Euripide ha indirettamente messo in atto. Una condanna divenuta definitiva con il catastrofico finale della guerra del Peloponneso.

La tragedia di Euripide si mostra decisamente diversa e in un certo senso irrituale rispetto ad Eschilo: è una tragedia in cui il mito viene messo in discussione e i personaggi agiscono non secondo i valori paradigmatici della tradizione, ma sono indotti da sentimenti ordinari e comuni alla gran parte degli spettatori. È una tranche de vie, un frammento d’esistenza. Una caratteristica che rende il teatro di Euripide più vicino ai lettori moderni. Presso i contemporanei ottiene l’incondizionato favore dei giovani e molte critiche, se non addirittura il rifiuto della giuria. Eppure il contemporaneo Sofocle comprende il valore del teatro del suo rivale, insieme al quale, seppur in modo differente, trascorre la sua vita a studiare e a rappresentare sulla scena le angosce inconfessate dell’uomo.

 

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