LE BUCOLICHE
Il termine “Bucolica” (poesia pastorale) deriva dal greco “Βουκολικά” (da “βουκόλος” = pastore, mandriano, bovaro).
L’opera è scritta in esametri dattilici ed è composta da 10 “ἐκλογαί” (‘egloghe’), ovvero "poesie scelte", scritte tra il 42 e il 39 a.C, ma divulgate soltanto nel 38 a.C.
STRUTTURA SIMMETRICA:
La struttura dell’opera presenta una profonda sincronia tra le egloghe, anche se non è certo l’ordine in cui sono state proposte.
Dall’ordine in cui ci sono pervenute possiamo delineare un piccolo schema riassuntivo:
se si considera la X egloga (dedica a Cornelio Gallo) come pezzo finale a sé stante, servono da cornice le due con contenuti autobiografici, egloga I e IX (Titiro e Melibeo; Licida e Meri), seguono i monologhi, entrambi dialoghi amorosi, egloga II e VIII (lamento d’amore di Coridone per il bell’Alessi; gara di canto fra i pastori Damone ed Alfesibeo, egloga dedicata ad Asinio Pollione), seguono le gare canore dell’egloga III e VII (gara di canto tra Menalca e Dameta; Melibeo racconta la gara di canto tra Tirsi e Coridone), l’egloga V è la centrale (duale di canto tra Menalca e Mopso), circondata dall’egloga IV e VI (esaltazione dell’età dell’oro e nascita di un giovane fanciullo, forse il figlio di Asinio Pollione, meno probabilmente il giovane Augusto; Cromi e Mnasillo fanno un dispetto a Sileno, il quale per farsi liberare intona un canto meraviglioso) che in parte oltrepassano il genere bucolico.
Queste poesie pastorali erano usate già nella Grecia antica; Omero ricorda “due pastori che si dilettano con la zampogna” (Iliade), Stesicoro (antico poeta greco siceliota) invece descrive l’amore infelice e la morte del pastore siculo Dafni, mitico inventore ed eroe della poesia bucolica.
La poesia bucolica ebbe la prima compiuta espressione letteraria nell’opera del siracusano Teocrito, scritta in dialetto dorico (III-II sec. a.C., ma è a Virgilio che questo tipo di poesia deve il suo grande successo nella storia letteraria europea. Virgilio innova il modello teocriteo, sia identificando con l’Arcadia il paesaggio letterario ideale (locus amoenus), sia introducendo realisticamente nella sua poesia la sua esperienza personale della campagna padana, i drammi della confisca dei beni del mantovano (egloghe I-IX), la morte di Cesare (egloga V e IX) e degli amori infelici di Cornelio Gallo (egloga X).
Tuttavia, da Teocrito, Virgilio riprende alcune tematiche, come il dialogo fra due pastori, la loro gara di canto, la trasfigurazione della natura e il canto per la morte di un pastore, le incantatrici, la serenata o il lamento dell’innamorato, l’elogio al sovrano, ecc.
Gli elementi principali di questo genere sono:
La presenza di un “locus amoenus”, dominato da alberi ombrosi, fonti e fiumi e da prati fioriti;
La presenza all’interno di questo paesaggio di pastori che cantano le loro pene d’amore e il fatto che questi pastori sono rappresentazioni velate del poeta stesso o degli amici appartenenti alla medesima cerchia poetica (Asinio Pollione, Cornelio Gallo, Alfeno Varo, Augusto).
IL PAESAGGIO NELLE BUCOLICHE:
Le innovazioni principali dell’opera di Virgilio rispetto a quella teocritea riguardano sostanzialmente il paesaggio. Teocrito utilizzava il paesaggio sostanzialmente come sfondo su cui ambientare le vicende, invece in Virgilio il paesaggio si assimila allo stato d’animo dei personaggi, superando il ruolo di semplice cornice. Inoltre, mentre la campagna delle opere teocritee conservava agganci realistici con l’ambiente mediterraneo e siciliano, il paesaggio in Virgilio risulta un’originale e irreale mescolanza di elementi diversi, riconducibili alla Sicilia, all’ambiente napoletano, alla campagna mantovana (i luoghi più cari alla memoria di Virgilio, quelli che costituiscono la sua Arcadia letteraria).
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