domenica 13 dicembre 2020

Appendix Vergiliana - Cenni generali

 

APPENDIX VERGILIANA


Oltre alle 3 opere sicuramente autentiche e maggiori (Bucoliche, Georgiche, Eneide), a Virgilio fu attribuita la cosiddetta “Appendix vergiliana”, che comprende una serie di opere di origine e provenienza diverse, attribuite come detto al poeta. Esse sono: (10)


  • Aetna (Etna) → natura scientifica → fenomeni vulcanici e schema di poesia filosofica didascalica:


Il poema ha l'intento di spiegare l'origine delle eruzioni vulcaniche e dei fenomeni annessi come terremoti, nubi di cenere e tremori: animato da una forte impronta scientifica, critica la “fallacia vatuum”, cioè le menzogne dei poeti che avevano spiegato le eruzioni facendo ricorso a miti quale quello dei Giganti o alla presenza della fucina di Vulcano sotto l'Etna stesso. L'autore vuole dare, infatti, una spiegazione razionale al fenomeno.

La parte finale dell'Aetna contiene la critica nei confronti dei viaggi, tema ripreso da Lucrezio e Seneca: solo i viaggi fatti per ammirare la natura sono legittimi, non quelli fatti per visitare palazzi e rovine: l'uomo passa, la natura invece offre spettacoli eterni e davvero da ammirare. La conclusione del poemetto, infine, contiene la miranda fabula dei “pii fratres” catanesi, mito antichissimo che affonda le radici nell'Antico Testamento: i due giovani Anfinomo e Anapia furono risparmiati dalle fiamme dell'Etna, che si aprirono al loro passaggio, perché preferirono salvare il padre e la madre anziani piuttosto che portare in salvo dalla lava denaro e oggetti preziosi, come invece faceva tutto il resto della popolazione. In loro onore furono erette due statue, che Claudiano descrive come ancora presenti alla sua epoca alle pendici del vulcano, e la loro effigie venne incisa su monete e vasellame.



  • Catalepton (Scelta spicciola → tipica espressione callimachea) → probabilmente autentici solo un paio di brevi carmi → esso è composto da 15 componimenti:


1) indirizzato a Plozio Tucca:


Insieme a Lucio Vario il giovane poeta parla di una donna in modo malinconico poiché probabilmente la desiderava, sottolineando la lontananza con la mancanza del tatto.



2) contro il retore T. Annio Cimbro (testimonianza di Quintiliano):


Colui che accusò Cicerone di aver ucciso il fratello. È un'invettiva in tono ironico e giambico che sottolinea la mania stilistica degli arcaismi e il veleno per il fratricidio.



3) Virgilio esalta la figura di Pompeo Magno:


che, dopo tante vittorie, fu sconfitto a Fàrsalo nel 48 a.C. e venne ucciso in Egitto; è un esempio illustre della caducità dei grandi valori umani.



4) breve elegia dedicata all'amico Ottavio Musa:


Un mantovano andato a Roma per gli studi come Virgilio, in cui elogia il dolce e abbondante sapere delle Muse (la poesia). Il poeta si augura che sia ricambiato questo amore verso la Musa e che, ovunque lo porterà, non avrà niente di più caro.



5) saluto ironico rivolto alle scuole di retorica dei vari Selio, Varrone, Tarquizio, Sesto Sabino:


poiché ormai il poeta è prossimo agli studi filosofici presso la scuola di Sirone. Si conclude con un saluto malinconico alle Muse (chiamate con il termine utilizzato da Livio Andronico "Camene"), e un augurio che talvolta possano tornare da lui.



6) aggressivo, rivolto contro personaggi ignoti:


Un Noctuinus (soprannome) aveva sposato la figlia. Il tono è aggressivo e rivolge a questo personaggio varie offese, il motivo a cui si allude nel testo è un oscuro scandalo familiare.



7) Virgilio lo indirizza a Lucio Vario:


al quale confida una sua amorosa passione: prima utilizza il termine greco “potos” poi però scherzosamente lo sostituisce con il simile termine latino “puer”, per seguire le regole dei puristi di non usare grecismi.



8) una villetta che ha acquistato o ereditato da Virgilio ed è collocata a Napoli:


Dice di mettere dimora a tutti i suoi familiari qui, specialmente l'amato padre, dopo le confische triumvirali a Mantova e Cremona.



9) lunga elegia indirizzata allo stesso Valerio Messalla Corvino cui è dedicata la Ciris:


È un grande elogio nei confronti di questa persona per i suoi meriti poetici ma anche quelli guerreschi (i brevi successi contro i triumviri, prima della sconfitta a Filippi). Presenta un lungo elenco di nomi di eroine della mitologia e della storia per onorare la fanciulla amata da Messalla che le aveva dedicato un'egloga: Atalanta, Elena, Cassiopea, Ippodamia (sposa di Pelope e figlia di Enomao), Semele (madre di Dioniso), Danae (madre di Perseo), Lucrezia (moglie di Collatino).



10) lunga parodia del carme catulliano rivolto contro l'ex mulattiere Sabino:


che, una volta arricchitosi e giunto ad una carica municipale importante, si era fatto ritrarre sul seggio curiale e aveva dedicato la propria immagine a Castore e Polluce, i Dioscuri.



11) rappresenta ironicamente la morte dello stesso Ottavio Musa (del 4 comp.):


scherzando sul vizio alcolico e presentando la morte come un evento storico per Roma.



12) riprende l'attacco già fatto nel 6 comp. contro un Noctuinus (a noi ignoto):


qui accusato di ubriachezza e di avere più di una relazione amorosa; c'è una certa rassegnazione rabbiosa nei suoi confronti per aver avuto la donna che desiderava.



13) una delle invettive più violente e oscene della letteratura latina:


Non ci è bene chiara; l'unica cosa di cui si è sicuri è che Virgilio per un breve periodo ha avuto un'esperienza militare e che Lucceio era un ufficiale dell'esercito di Cesare.



14) l'unico componimento del Catalepton che non si riferisce alla giovinezza di Virgilio, bensì al grande lavoro di composizione dell'Eneide:


Dunque è databile al periodo dopo le Georgiche; appare come un piccolo sfogo per la lenta composizione dell'Eneide.



15) probabilmente non è di Virgilio ma dell'ordinatore della raccolta, ovvero Vario:


Altri critici ritengono che l'autore sia un grammatico dei tardi tempi. È un elogio finale a Virgilio, che viene definito più grande di Esiodo e non inferiore ad Omero. Si conclude con una frase che chiude questa raccolta "dettata da una Musa ancora inesperta", alludendo all'immaturità poetica di Virgilio in quest'opera.



  • Ciris (Airone bianco) → poema mitologico → storia d’amore → poesia neoterica → dedicata a Valerio Messalla Corvino:


Scilla, figlia di Niso, re di Megara, fu trasformata nell'uccello di nome Ciris subendo questa pena per avere tradito il padre e consegnata la patria al nemico Minosse, di cui si era innamorata.


Dopo ciò espone le varianti del mito dalle quali si discosta e le riduce a una forma principale: che Scilla fosse stata trasformata in un mostro marino collocato sul promontorio omonimo di Scilla in Calabria per infestare i naviganti: mostro marino che secondo Omero avrebbe recato travaglio ad Ulisse e composto da animali di diversa natura, donne con legate intorno alla cintola teste di cani rabbiosi. Questa forma di mito lui si accinge a scartarla nel versi seguenti per ragioni di verosimiglianza. Infatti egli non si mostra persuaso neanche dalle interpretazioni allegoriche e moralistiche che ci furono di un mito così bello. Dunque in qualunque modo si voglia interpretare il mito di Scilla trasformata in ibrido mostro marino, questi sono solo sogni ai quali non è lecito dare importanza.


Il re di Megara, Niso, ha ricevuto un dono dagli dèi: la sua città non sarebbe stata presa fino a che lui avesse portato in testa un capello d'oro, del quale nessuno, con l'eccezione della figlia Scilla, conosceva l'esistenza. Minosse attacca la città e Scilla, dall'alto delle mura, s'innamora di luiː riesce ad incontrarlo, e in un momento d'amore gli dice il segreto del padre. Minosse le ordina di strappare il capello al padre.

Nottetempo, lei riesce nel suo compito e Minosse conquista la città. Il padre capisce di essere stato tradito dalla figlia, la quale era corsa incontro a Minosse che, tuttavia, la ripudia poiché non si fida di una persona capace di tradire il proprio padre e la propria città. Niso, a quel punto, vorrebbe uccidere Scilla ma lei viene trasformata in un airone bianco dagli dei, mentre il padre diviene un'aquila marina nera, uccello che insegue perennemente l’airone quasi a volergli infliggere la punizione per il suo tradimento.



  • Copa (Ostessa) → breve idillio di ispirazione campestre, 38 versi in distici. Descrive un'osteria sulla strada, dove il viandante si ferma a ristorarsi, allietato dalla presenza di una giovane ostessa.



  • Culex (Zanzara) → epillo → breve componimento epico → parodia dell’epica più seria:


Vi viene trattata la concezione dell’oltretomba e dell’immortalità, del bene e del male, che trasferiscono il lettore dal piano bucolico a quello filosofico.


L'opera si apre con un quadro prettamente bucolico. Un pastore, per sfuggire al caldo, insieme alle sue caprette si sdraia all'ombra, ma presto un serpente gli si avvicina: riesce a non toccarlo, in quanto una piccola zanzara gli punge un occhio destandolo dal sonno. Il pastore schiaccia la zanzara e riesce ad uccidere anche il serpente.

Nella notte però lo spirito della zanzara torna a torturarlo in sogno e quest'ultima gli rimprovera di averla uccisa quando aveva tentato solo di salvarlo e dice che continuerà a tormentarlo fino a quando questa non riceverà degna sepoltura. Il pastore svegliatosi inizia a scavare un tumulo, colto dal senso di colpa e sulla sepoltura della zanzara fa crescere i fiori migliori. Con questa scena commovente e celebrativa della zanzara si conclude l'opera.



  • Dirae (Maledizioni) e Lydia "imprecazioni" → poesia di invettiva (genere dell'Ibis ovidiana):


Composta da 183 versi, questa tenue operetta in esametri sembra costituire una variazione sul tema delle confische dei campi che era popolare come soggetto letterario, a causa delle Bucoliche virgiliane.


Alle Dirae i manoscritti fanno seguire un lamento d'amore pastorale, dedicato a una donna di nome Lydia, che è nominata anche nelle Dirae. I due componimenti sono accostabili per il loro sfondo bucolico. I due carmi composti non oltre l'età augustea, sono una prima testimonianza del filone bucolico post-virgiliano più tardi ripreso ai tempi di Nerone.



  • Elegiae in Maecenatem (Elegie per Mecenate) → poiché Mecenate è morto dopo Virgilio, quest'opera è sicuramente non virgiliana:


Testo di notevole interesse storico-culturale, poiché rievocano la morte e la personalità del più influente consigliere politico e letterario di Augusto, Gaio Cilnio Mecenate. Divise in due: 144 versi la prima, 34 versi la seconda.


Scritte dopo la morte del grande protettore di poeti, nella prima viene difeso Mecenate dalle accuse rivoltegli di essere un manifesto epicureo, che indulgeva al vivere comodo e fastoso. Nella seconda Mecenate, sul punto di morire, riafferma la sua devozione alla casa regnante d'Augusto.



  • Epigrammata (Epigrammi) → (21)


Est et non ("Il sì e il no");

- De rosis nascentibus ("La nascita delle rose");

- Vir bonus ("L'uomo buono");

- Hortulus ("L'orticello");

- De vino et Venere ("Il vino e Venere");

- De livore ("Il livore");

- De cantu Sirenarum ("Il canto delle Sirene");

- De die natali ("Il giorno natalizio");

- De fortuna ("La fortuna");

- De Orpheo ("Su Orfeo");

- De se ipso ("Su sé stesso");

- De aetatibus animalium ("Le età degli animali");

- De ludo ("Il gioco");

- De Musarum inventis (“sulla scoperta delle Muse”);

- De speculo ("Lo specchio");

- Mira Vergilii versus experientia (“i prodigi di Virgilio verso l’esperienza”);

- De quattuor temporibus anni ("Le quattro stagioni dell'anno");

- De ortu solis ("Il sorgere del sole");

- De Herculis laboribus ("Le fatiche di Ercole");

- De littera Y ("La lettera Y");

- De signis caelestibus ("I segni celesti").



  • Moretum (Focaccia) → breve idillio di ispirazione campestre:


Composto da 122 versi in esametri. Descrive la sveglia di un contadino all'alba. Appena alzato si prepara, aiutato dalla schiava, una colazione rustica a base di formaggio, erbe ed aglio, che mangia con appetito. Terminato il pasto, si reca al lavoro.



  • Priapea (Canti a Priapo) → tre componimenti rusticani, composti in onore del dio Priapo, custode degli orti, che viene presentato in atteggiamenti osceni.

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